La figlia della serva by Patrizia Carrano

La figlia della serva by Patrizia Carrano

autore:Patrizia Carrano [Carrano, Patrizia]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788882522117
editore: © 2024 Vallecchi Firenze s.r.l.


Capitolo 7

ERNESTINA

La solita chiave Yale non funzionava più. E neppure quella di più moderna concezione, lunga e robusta, capace di sfondargli le tasche ma incapace di aprire la porta di massello dell’appartamento al Nomentano. Inutilmente Manuel provava e riprovava: la porta sembrava sbarrata dall’interno. Alle sette di sera era impensabile che la signorina Graziella si fosse chiusa dentro col paletto. Forse la porta era stata bloccata dai ladri, penetrati dalla finestra della cucina, che di solito veniva lasciata socchiusa e che poteva essere raggiunta arrampicandosi su uno sparuto leccio cittadino, i cui rami si allungavano fino al terzo piano. In verità esisteva anche un ingresso di servizio, ma il professore ci aveva sistemato davanti una delle sue enormi librerie, più inamovibile di un muro.

Al pensiero di trovarsi coinvolto in un furto, Manuel si sentì invadere dalla preoccupazione: sapeva che sugli stranieri pesa un immediato sospetto di colpevolezza. In cerca di un testimone pensò di rivolgersi al portiere, per avvisare assieme a lui la polizia, i pompieri, o tentare di forzare la porta con l’aiuto di un fabbro. Un dubbio lo fulminò: e se Graziella si fosse chiusa dentro per inscenare un gesto plateale, capace di scuotere la rocciosa indifferenza di Franca? Per massacrare tutta la casa, cercare dei soldi che non c’erano, o addirittura per fingere un suicidio?

La mano di Manuel, che stava per suonare il campanello, si bloccò: se la figlia del professore avesse aperto il gas, di sicuro ci sarebbe stata un’esplosione. Annusò il piccolo foro della serratura, senza sentire alcun odore. Ma la cucina era lontana dall’ingresso e bastava accostarne la porta per evitare che il metano dilagasse per casa. Prese a picchiare con il pugno l’anta della porta, senza il coraggio di chiamare a gran voce, per non far scoprire le sue difficoltà ai pochi, anziani e sospettosi inquilini della palazzina. La signora Ferru, l’unica con cui avesse un po’ di dimestichezza, quel giorno aveva accompagnato il marito a una visita. Impossibile contare su di lei.

Sempre più agitato stava per precipitarsi a pian terreno, verso la guardiola, quando udì uno scalpicciare, il chiavistello che scorreva, e finalmente vide affacciarsi Graziella, avvolta in un lenzuolo. Rossa in viso per l’imbarazzo, lo fece entrare spiegandogli che dopo una doccia ristoratrice – «Quanto smog c’è a Roma, a Livorno abbiamo tutta un’altra aria» – aveva ceduto alla stanchezza e s’era addormentata nella sua cameretta.

Quell’ansia di raccontare il come e il perché della sua tardiva siesta nascondeva un mare – più che un mare, una piccola pozza acquitrinosa – di bugie: nel pomeriggio Graziella s’era vista piombare in casa il moroso contabile, giunto improvvisamente a Roma per capire «come procedevano le cose». Il baldo cinquantenne l’aveva interrogata con l’aria severa di un inquisitore, e Graziella s’era sciolta in lacrime nell’ammettere la dolorosa verità: la matrigna era sparita, il badante non s’era più fatto vivo e lei non sapeva come condursi con gli acquirenti. Per placare la crescente irritazione dell’amato bene, Graziella aveva giocato la carta della carne e l’aveva trascinato



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